Uno dei momenti che più di altri genera commenti e reazioni contrastanti sui volti delle atlete di pallavolo è quello del cambio dei palloni in chiave europea! In palestra avviene quasi sempre senza preavviso, o meglio, gli allenatori lo sanno bene e stabiliscono l’attimo, ma le giocatrici di solito lo scoprono così: i carrelli, abitualmente stracolmi dei palloni del campionato italiano, ecco che, da un giorno all’altro, escono dal magazzino pieni di palloni gialli, blu e, nel caso della Champions, anche verdi.
Tutti questi, targati Mikasa, sono quelli utilizzati nelle competizioni internazionali FIVB, sia delle nazionali che dei club, oltre ad essere già i palloni da gara ufficiali del Campionato di Superlega maschile. Quindi, se per gli uomini, a parte i colori e soltanto per la massima rassegna continentale, per il resto non cambia nulla, per le donne… tutto potrebbe essere diverso! Infatti, non essendo per queste ultime gli “attrezzi” di utilizzo quotidiano, iniziano ad “apparire” in palestra con largo anticipo rispetto alle gare europee in programma, così da permettere un adattamento.
Proprio così: questione di adattamento, perché di differenze ce ne sono… eccome!
Innanzitutto, è bene precisare che, da regolamento, i Molten bianchi, rossi e verdi sono i palloni ufficiali della Lega Pallavolo Serie A Femminile per i campionati di Serie A1 e A2, nonché omologati anche per i campionati di Serie B, Regionali, Provinciali e di categoria, dove è invece possibile per le società scegliere liberamente tra questi e i Mikasa.
Nessuna diversità per quanto riguarda dimensione e peso, anche se potrebbe quasi sembrare in un primissimo istante, ma è tutta una questione di materiali e di sensibilità: pelle PU in microfibra, in altre parole l’aggiunta di microfibre al poliuretano PU per il pallone del campionato Italiano femminile, contro pelle sintetica più liscia, anch’esso con superficie in microfibra e funzionalità anti sudore per il Mikasa.
Ci sono dei fondamentali in cui le differenze sono più percepibili ed evidenti, come per esempio la battuta e la ricezione, altri in cui gli adattamenti sono minori, come il palleggio e l’attacco.
Abbiamo intervistato alcuni degli attori impegnati in questo cambio e chiesto loro quello che succede nei gesti in cui sono protagonisti.
Beatrice Parrocchiale, libero della nostra Serie A e della Nazionale italiana, ci parla della ricezione: “La differenza più grande è che con Mikasa si deve “attaccare” molto di più il pallone. Bisogna essere più aggressivi con le gambe, soprattutto quando si riceve una battuta float, e avere maggiore controllo sia con gli arti inferiori che con quelli superiori. Se con il Molten posso aspettare di più a prendere il pallone, con il Mikasa devo tenere le braccia maggiormente staccate dal corpo e in posizione di “attacco”. Se le porto giù, più vicine al busto, può capitare che la palla schizzi via”.
In battuta il passaggio è altrettanto sentito e, a tal proposito, abbiamo chiesto a una delle migliori interpreti in questo fondamentale, la bielorussa Hanna Davyskiba: “Personalmente ritengo che il servizio con il Mikasa sia più semplice, perché posso imprimere molta più forza e non rischiare che la palla finisca di tanto fuori dal campo, come invece accadrebbe imprimendo la stessa energia su un Molten. È come se avessi più controllo, anche del margine di errore, mentre devo stare più concentrata e attenta con il Molten dato che ogni minima variazione tecnica del colpo, anche con la mano, può pregiudicare l’esito della traiettoria. Riconosco, tuttavia, che il mio servizio sia più potente e difficile da ricevere con il Molten. Sicuramente ottengo anche più punti diretti, ma quando vado sulla linea dei nove metri sono più rilassata con il giallo e blu o.. il verde!”. Per quanto riguarda la ricezione Davyskiba fa eco alle parole della sua compagna nella seconda linea, Parrocchiale, perché “la sensazione è quella che, quando si colpisce in maniera decisa il Molten in ricezione, si possa rischiare di mandare la palla direttamente nella metà campo avversaria, mentre il Mikasa “rimane” di più e, anche in questo caso, c’è più controllo. Nel colpo di attacco, invece, non percepisco nessuna differenza particolare”.
Fabio Parazzoli, secondo allenatore della prima squadra femminile del Consorzio, offre uno spunto e delle precisazioni di carattere tecnico: “La differenza è di sensibilità, data dai diversi materiali, mentre sappiamo bene che le caratteristiche tecniche dei due attrezzi di gioco sono le medesime. Quello che cambia nella proposta da parte dello staff tecnico in relazione a questo è il volume di lavoro sulla battuta e la ricezione, che viene incrementato notevolmente, perché si tratta di due fondamentali legati appunto alla sensibilità e, quindi, è necessario lavorare maggiormente e nello specifico su quelli per generare un adattamento”. “Una delle note più rilevanti sui giocatori – ha aggiunto Parazzoli – riguarda una scelta a priori sul tipo di battuta da adottare in gara. Coloro che solitamente effettuano una battuta in salto spin, quando passiamo al Mikasa in vista di un match europeo, possiamo scegliere di farli servire float, semplicemente perché è una tipologia di battuta che spesso con quel pallone può rendere di più”.
Ma quando avviene il cambio? “Di solito lontano da una gara del campionato italiano si cerca di fare un po’ di adattamento, progressivamente, in modo da subire meno il cambiamento, mentre quando ci si avvicina alla data delle partite di Lega, si ritorna al Molten. Ovviamente, a ridosso di una gara di Champions League, invece, si adottano solo i palloni gialli e verdi. Alcune squadre, poi, utilizzano sempre i Mikasa negli allenamenti, tranne il giorno prima e quello della gara con i Molten. Il passaggio di per sé è differente: in quello da Molten a Mikasa la ricezione subisce qualche difficoltà in più, mentre sembra più facile il contrario. Non c’è nulla di studiato o scientifico, però, tutto si basa sulle impressioni e sui feedback dei giocatori negli anni”. E a livello statistico? “I dati sono difficili da rilevare – conclude Parazzoli –, perché dovrebbero essere prese a paragone le stesse avversarie con la variabile del pallone. Succede, per esempio, quando due squadre del campionato Italiano finiscono nello stesso girone di una coppa europea, ma sono comunque valori pieni di limiti da considerare”.
L’Italia è uno dei paesi dove viene utilizzato un pallone diverso entro i confini, mentre nelle competizioni internazionali è Mikasa la scelta inequivocabile. E’ vero che tutto dipende soprattutto da accordi di fornitura e sponsorizzazione, ma la particolarità del nostro pallone tricolore rende il campionato italiano ancora più “unico” e riconoscibile.
Il resto è, ancora una volta, una questione di adattamento. Una questione di allenamento, un altro fattore in cui la scuola italiana eccelle… anche a livello internazionale!