“Vivi per te stesso e vivrai invano, vivi per gli altri e ritornerai a vivere”: mai banali le parole di Bob Marley che nel corso della sua esistenza ha sempre dato molta importanza alla solidarietà. Lo stesso concetto, però, secondo una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto del Consorzio Vero Volley, non sembra una priorità per le aziende globali. Conferme in merito giungono, in primis, da un recente report stilato da Deloitte: entrando più nel dettaglio, nel mondo solo il 18% delle organizzazioni considera come prioritarie le iniziative di social responsibility. Ma non è tutto perché, stando a quanto indicato da Forbes USA, quasi 4 CEO su 10 (36%) non inseriscono le iniziative di CSR all’interno dei propri piani strategici.
Eppure, concentrare l’attenzione e i propri ricavi su attività di corporate social responsibility risulta estremamente strategico per le imprese. Il motivo principale? È legato all’universo HR.
Infatti, il portale Chamber of Business mette in risalto il fatto che l’88% dei Millennial, prima di candidarsi per entrare a fare parte di una determinata azienda, valuta l’impegno della singola organizzazione in ottica CSR. Ciò significa che le imprese più vicine alle esigenze del territorio e delle realtà che ne fanno parte risultano anche più attrattive agli occhi dei talenti. Ora una domanda sorge spontanea: è possibile invertire il trend? La risposta è sì. E come? Prendendo spunto da aziende lungimiranti appartenenti a settori specifici come lo sport. Un esempio concreto arriva da Linkedin che cita la cosiddetta Lebron James Family Foundation, fondazione strutturata dall’omonimo campione NBA per offrire opportunità educative ai bambini meno fortunati della città di Cleveland.
Dal basket si passa al mondo del calcio grazie al Barcellona che, come specificato dal Sunday Mail, offre sostegno, sia educativo sia sportivo, a quasi 2 milioni di bambini e ragazzi in 50 paesi sparsi in tutto il globo. Restando sulla stessa lunghezza d’onda, risalta anche la pallavolo grazie a società ed organizzazioni 100% made in Italy proprio come il Consorzio Vero Volley, realtà di riferimento nella volleyball industry nazionale e internazionale, che, per esempio, scende in campo in qualità di partner a supporto di Bluemers, Centro di Riabilitazione specializzato nell’offrire supporto a pazienti affetti da autismo e alle loro famiglie: “Una grande azienda non s’identifica solo per i traguardi economici o i risultati operativi, nel nostro caso sportivi, che ottiene nel proprio campo, ma anche e soprattutto per la purezza della propria identità e per la vicinanza alle realtà del territorio – afferma Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley – Sin dalla sua fondazione avvenuta nel lontano 2008, il Consorzio ha sempre manifestato un’identità culturale forte e decisa. I progetti che abbiamo strutturato negli anni in termini di corporate social responsibility sono innumerevoli: dalle attività nelle scuole e nelle università fino alla partnership con la Comunità di San Patrignano. Una volta venuti a conoscenza di Bluemers e del suo scopo non potevamo tirarci indietro e siamo molto orgogliosi di mettere in risalto l’iniziativa”.
Fanno seguito alle parole di Alessandra Marzari ulteriori considerazioni in merito alle industrie lungimiranti da cui prendere esempio in ottica CSR oltre all’universo sportivo. Sotto questo punto di vista risulta estremamente esaustivo un approfondimento redatto da Medium, secondo cui il mondo tech sia uno dei più attivi nel campo della corporate social responsibility grazie ad iniziative strategiche messe a terra da multinazionali e realtà di primaria importanza, le quali, in particolar modo in occasione di catastrofi ambientali, forniscono le loro innovazioni e tecnologie a supporto delle singole comunità per uscire dalle difficoltà con maggiore efficacia e immediatezza. Infine, anche la fashion industry non risulta da meno: sotto questo punto di vista non mancano collaborazioni con fondazioni del territorio. E non è tutto perché i brand puntano molto sulla trasparenza a 360°, assicurandosi che ogni fase del processo di produzione rispetti precisi standard etici.