Tra gli attrezzi e i supporti da lavoro quotidianamente utilizzati dalle Serie A di Monza c’è anche la “famigerata” macchina sparapalloni, protagonista sui campi durante gli allenamenti ormai da diversi anni. Il suo utilizzo non è, ovviamente, una novità esclusiva dell’Arena di Monza, infatti, la sparapalloni è stata introdotta nel tempo dalla maggior parte delle società di pallavolo partecipanti, prima di tutto, ai campionati delle massime serie, ma i modelli, le sue funzionalità e anche le modalità di impiego sono ancora in continua evoluzione.
Innanzitutto, poi, bisognerebbe specificare e parlare delle macchine sparapalloni, al plurale, poiché prima squadra maschile e femminile del Vero Volley impiegano macchinari differenti e con caratteristiche che rispondono in maniera più precisa alle diverse esigenze.
Vediamo nel dettaglio e insieme ad alcuni componenti degli staff delle due serie A di Monza le differenze e gli aspetti in comune nella proposta di allenamento.
In primo luogo, il fatto più evidente è che se i ragazzi usano una macchina più ingombrante, pesante, che si deve attaccare alla presa (industriale) della corrente, le ragazze sfruttano un attrezzo di maggior praticità perché più leggero, maneggevole nonché funzionante a batteria, permettendo così di ridurre l’ingombro e il vincolo dei cavi elettrici.
Un’altra importante discriminante è, senza dubbio, legata all’utilizzo dei palloni: per gli uomini si riservano dei carrelli appositi con le palle selezionate tra quelle più “vecchie”, dato che si consumano visibilmente nel continuo passaggio tra i rulli della macchina, mentre la nuova sparapalloni delle donne consente di usare anche i palloni “belli”, siano essi Mikasa o Molten nuovi, senza rovinarli.
Tra gli aspetti in comune, il principale è lo scopo di utilizzo, ovvero allenare principalmente il fondamentale della ricezione: Luca Bucaioni, assistente allenatore della Serie A femminile, spiega che “la macchina sparapalloni viene utilizzata sia per il lavoro individuale che di coppia, di solito nelle sedute di allenamento tecnico del mattino e nel pomeriggio con i liberi, mentre il resto della squadra allena il muro. Noi allenatori possiamo, per esempio, concentrarci su una zona di conflitto nelle rotazioni e indirizzare i palloni in maniera precisa e continua affinché si alleni quella specifica situazione tra i giocatori, oppure sulle traiettorie parallele o diagonali a seconda di quello che serve provare, fissando in particolare quella che è la richiesta. Può essere un’esigenza tecnica, dunque un discorso analitico, oppure una vera e propria simulazione del servizio delle avversarie, con eventuali esigenze tattiche”.
Luca Berarducci, scoutman della SuperLega maschile sottolinea: “Anche noi la usiamo per l’allenamento della ricezione e di alcune sue casistiche, tra cui anche per rispondere a un servizio battuto corto. In particolare, viene adoperata la mattina: poco per il lavoro singolo, di più per la ricezione di coppia e solo ogni tanto con le terne, fino ad aggiungerla in alcune situazioni particolari negli esercizi di 6 contro 6 al pomeriggio. Ogni tanto, all’inizio della stagione, abbiamo impiegato la sparapalloni anche per la difesa”.
Arriviamo, così, ai “perché” principali per i quali le macchine si differenziano così tanto e sono anche così tanto utili, ovvero la possibilità di proporre alte velocità abbinate a un numero importante delle ripetizioni. Bucaioni sostiene, appunto, che “il maggior pregio della sparapalloni è sicuramente la quantità dei palloni che si possono giocare e il fatto che si possono stabilizzare traiettoria e velocità. Per i volumi di allenamento cui siamo abituati e che vogliamo fare, per esempio, battere costantemente a 90/100 km/h, che è lo standard femminile della battuta in salto spin, ora molto più usata che in passato, richiederebbe grande tecnica e una resistenza fuori dal comune. Con l’attrezzo che utilizziamo possiamo simulare una battuta float se impostiamo 55/65 km/h, che diventa automaticamente spin aumentando la velocità sopra gli 80 km/h. E salvaguardiamo la spalla e la salute degli allenatori”, aggiunge sorridendo.
“Con gli uomini, ad alto livello, è d’obbligo l’utilizzo della sparapalloni perché per gli assistenti è impossibile battere con i volumi e la velocità necessari – evidenzia Francesco Oleni, assistent coach della SuperLega maschile -. Noi simuliamo, grazie alla macchina, battute in salto spin che arrivano a 100/110, fino a 125 km/h. Abbiamo provato anche il servizio float, regolando i rulli, ma nell’allenamento non rende sempre bene come vorremmo”.
Approfondendo e parlando di traiettorie che, però, potrebbero sembrare addirittura troppo stabili, al punto da non essere realistiche, si può notare come esista sempre un margine di imprevedibilità che può anche essere molto allenante: la persona sulla pedana della macchina può indurre delle variazioni rispetto alla velocità e all’angolo di uscita, in modo tale che l’angolo di incidenza risulti diverso per il ricettore.
Invece, uno dei limiti maggiori delle sparapalloni, ovviamente, è che il giocatore in ricezione non ha la possibilità di valutare e “ leggere” tutto ciò che nel gioco precede il colpo, quindi, il lancio, la preparazione e il movimento del braccio del battitore con la regolazione della sua forza, e questa è una nota confermata da entrambi gli staff delle prime squadre del Consorzio Vero Volley.
Inoltre, la macchina più grande, quella utilizzata dagli uomini, vincola maggiormente chi la “carica” perché la persona addetta in quel momento a far partire i palloni rimane lontano dall’azione e un po’ escluso a causa del rumore che da vicino fanno i rulli, perdendo in parte la possibilità di dare feedback o correzioni sul campo in maniera diretta ai giocatori.
Una delle novità che riguarda il modello più leggero e recente, invece, è che può essere impostato anche per traiettorie morbide, quindi, per simulare alzate o appoggi, risultando molto preciso in questi casi, stabilizzando i palloni lenti con estrema precisione, con il risultato di poter essere funzionale anche nelle categorie giovanili, con la possibilità di aumentare il numero delle ripetizioni uniformando alcune situazioni di gioco per facilitarne l’insegnamento e apprendimento.
Tra gli aneddoti curiosi che si possono raccontare sulle sparapalloni, invece, ci sono la richiesta di Orduna di allenarsi palleggiando dopo il rimbalzo della palla, lanciata dalla macchina, su un plinto, oppure i tentativi di Galassi di lanciare direttamente dal basso il pallone per cercare di farlo passare “al volo” tra i rulli per, poi, vederlo spinto via da questi. Gli scherzi tra gli uomini riguardano anche il proprio livello di gioco, quindi, volendo stimolare un ricettore a migliorarsi, nel suo turno viene messo sull’attrezzo un bigliettino con un appunto su cui si scrive che la macchina va impostata al livello minimo…
Tra le donne, invece, a volte la sparapalloni viene chiamata con il nome di qualche giocatrice potente o che batte molto forte, per cui viene ironicamente considerata una “avversaria” o “compagna di squadra” molto forte, in tono di sfida.
Senza dimenticare chi, in “palestrine” piccole o da allenamento, ha avuto la curiosità di vedere quanto forte poteva sparare la macchina impostata al massimo della sua potenza… il risultato, ve lo lasciamo immaginare!