Nella sua rubrica odierna, “Il Caffè” sul Corriere della Sera, Massimo Gramellini ha commentato in maniera lucida e precisa la “sentenza” sul caso degli abusi tra le “Farfalle” della ginnastica ritmica.
Scrive Gramellini: “La giustizia sportiva ha di fatto assolto l’ex allenatrice delle “farfalle” di ginnastica ritmica Emanuela Maccarani dall’accusa di maltrattamenti comminandole una semplice ammonizione. Viene così affermato un principio controcorrente: in ambienti competitivi come quelli dello sport agonistico, bullizzare e irridere i sottoposti, allo scopo di temprarne il carattere, è un comportamento di grande valore formativo. Lo stesso procuratore generale, che pure nel procedimento rappresentava l’accusa, ha sostenuto che la Maccarani “ha peccato per eccesso di affetto (ma davvero esiste un affetto eccessivo?)”.
C’è una grande verità anche nella parte conclusiva dell’articolo di Gramellini, pubblicato in prima pagina, “Molti credono che soltanto in questo modo si possa forgiare una personalità, però non siamo tutti uguali ed esiste un confine che neanche l’educatore più severo dovrebbe mai superare. Si chiama rispetto”.
Al proposito non si possono non riprendere le parole pronunciate a giugno da Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, in occasione della presentazione dell’indagine quali-quantitativa su abusi e violenza nello sport che ChangetheGame ha commissionato a Nielsen e con la quale per la prima volta emerse che su un campione di quasi 1500 atleti il 39% ha ammesso di aver subito violenza nella pratica sportiva nei primi 18 anni (il 19% ha subito violenze multiple), con il 30% che è stato vittima di violenza psicologica, il 19% di violenza fisica, il 15% di neglect ed il 14% violenza sessuale. A risentirne maggiormente i livelli agonistici nazionali o internazionali, con le violenze che arrivano per il 35% da compagni di squadra e per il 30% da allenatori, spesso con episodi assimilabili al bullismo.
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“E’ ora che coloro che governano lo Sport, che si tratti del Coni, di una federazione o di una piccola società sportiva, prendano coscienza che gli abusi esistono e che sono i loro collaboratori a perpetrarli – ha dichiarato Alessandra Marzari –. Una presa di coscienza che pare lontana e soprattutto lenta nell’agire, offuscata da pensieri non nominabili che sanno di timore della verità, di protezione dell’indifendibile. Ogni attore del mondo dello sport può fare qualcosa per combattere chi toglie allo sport il suo compito principale che è quello di migliorare le abilità di vita, di promuovere l’adattamento sociale, di allontanare dai comportamenti a rischio tutte le bambine e i bambini e gli adolescenti che lo praticano con passione e innocenza. Chi si occupa di sport e non combatte attivamente e praticamente con i fatti gli abusi ne diventa oscuro garante, un complice. E non si hanno i numeri presentati con questa ricerca senza complici”.
Ancora una volta, come sempre, il Consorzio Vero Volley non ha timore a schierarsi a favore e in difesa di una pratica sportiva sana, onesta, di qualità e valore, che abbia rispetto di tutti e non possiamo che invitare tutte le Federazioni sportive e le Istituzioni, finalmente, a prendersi le loro responsabilità e dare un reale seguito e concretezza a tante parole spese.
Che nei fatti, finora, sono soltanto e troppo spesso rimaste solo parole. Senza che si debba confidare esclusivamente nella giustizia ordinaria, anche in questo caso con la procura di Monza che deve ancora pronunciarsi su quanto accaduto, ma potendo credere anche nella giustizia dello sport.